Amici e appassionati di Science Fiction Leo,
in questo post vorrei riepilogare alcuni risultati che mettono in luce le possibilità della formula dell'Estensione nello Spazio, in grado di distinguere gli oggetti spaziali da quelli che non lo sono. Vedremo in breve come questa formula che ho scoperto consenta la dimostrazione di enunciati matematici prima d'ora postulati come assunti indimostrabili. Molti di voi sapranno già di che si tratta, perchè ne avranno già letto sul blog, però ogni tanto è utile rinfrescare la memoria. Allora, iniziamo con l'enunciare la formula, che consiste in un insieme di due proposizioni logiche, e nel definire i termini in cui risulta vera.
in questo post vorrei riepilogare alcuni risultati che mettono in luce le possibilità della formula dell'Estensione nello Spazio, in grado di distinguere gli oggetti spaziali da quelli che non lo sono. Vedremo in breve come questa formula che ho scoperto consenta la dimostrazione di enunciati matematici prima d'ora postulati come assunti indimostrabili. Molti di voi sapranno già di che si tratta, perchè ne avranno già letto sul blog, però ogni tanto è utile rinfrescare la memoria. Allora, iniziamo con l'enunciare la formula, che consiste in un insieme di due proposizioni logiche, e nel definire i termini in cui risulta vera.
1) La formula.
La formula è questa:
x = x1 or x2 or ... or xn
I(x) = I(x1) and I(x2) and ... and I(xn) and {I(k)}
Nello specifico, l'oggetto spaziale è I(x).
Si tratta di un caso particolare della legge di Augustus de Morgan, che riscriviamo qui sotto:
x = x1 or x2 or ... or xn
NOT x = NOT x1 and NOT x2 and ... and NOT xn
La prima differenza consiste nella diversa interpretazione dell'operatore unario, che in Augustus de Morgan vuol dire negazione NOT, mentre nell'estensione nello spazio vuol dire raggruppamento, insieme I. La seconda differenza consiste nell'aggiunta di un termine in AND nella seconda proposizione, che non trova corrispondenza tra quelli disgiunti. Questo termine poteva essere scritto come I(xn+1), ma invece abbiamo inserito le parentesi graffe e messo "k" per evidenziarlo ulteriormente, scrivendolo come {I(k)}, la parte "estranea/complessiva".
2) I termini in cui la formula è vera.
La formula è sempre vera. Risulta falsa solamente quando sono falsi tutti gli elementi "xj" e la parte estranea/complessiva {I(k)}. Forse si tratta di una casistica poco significativa, dal momento che sarebbero falsi tutti gli elementi presi in esame, ma non sarebbe male ragionarci sopra, perchè comunque vuol dire che la formula non è una tautologia. Di seguito l'analisi effettuata con le tavole di verità di Ludwig Wittengstein e poi con il metodo inferenziale di Gerhard Gentzen.
Tavola di verità:
per la tavola di verità ci siamo limitati a due soli elementi x1 ed x2, altrimenti la trattazione sarebbe stata troppo ingombrante, ma è facile dedurre che il risultato non cambia aggiungendo quanti si voglia elementi.
Metodo inferenziale:
Metodo inferenziale:
per il metodo inferenziale ho semplificato ulteriormente la formula togliendo due bi-implicazioni e trattando la terza bi-implicazione prima in un verso, poi nell'altro. Si noti che la prossima implicazione non è una tautologia, perchè bisogna premettere x1, oppure x2, oppure {I(k)}
La prossima implicazione invece è una tautologia e non richiede premesse.
3) Dimostrazioni.
Passiamo adesso all'argomento più interessante di questo topic, cioè le dimostrazioni che per la prima volta risultano possibili.
Passiamo adesso all'argomento più interessante di questo topic, cioè le dimostrazioni che per la prima volta risultano possibili.
a) Un insieme I(n) di numeri pari {2, 4, 6} non è un oggetto spaziale.
Scriviamolo come di seguito:
n = 2 or 4 or 6
I(n) = (I(2) and I(4) and I(6)) --> I(k)
dove I(k) vuol dire "i numeri sono pari".
Come potete notare, la struttura logica non è quella di un oggetto spaziale. Infatti l'elemento I(k) non viene aggiunto tramite congiunzione AND, ma tramite implicazione -->, pertanto è complessivo, ma non estraneo. Questo perchè osservando l'insieme (I(2) and I(4) and I(6)) si deduce già da esso, analizzandolo, che è un insieme di numeri pari, senza metterlo in congiunzione con una parte estranea.
b) Un oggetto spaziale I(x) è divisibile all'infinito.
Da sempre i matematici dividono le figure geometriche all'infinito per consentire le loro dimostrazioni. Pensiamo al metodo di esaustione di Archimede e poi, secoli dopo, ai metodi di integrazione e derivazione nella geometria analitica. L'infinito è sempre stato un grattacapo per i matematici, perchè alcuni di loro hanno cercato di evitarlo nei loro argomenti, pur utilizzandolo implicitamente. D'altronde ognuno di noi, senza essere matematico, può immaginare un cerchio o una sfera ed iniziare a dividerla in infinite parti con la fantasia. Questo perchè l'infinito è inscindibile dalla percezione spaziale. Ora, per la prima volta, dimostreremo che gli oggetti spaziali sono divisibili all'infinito. Supponiamo che I(x) sia un oggetto spaziale e scriviamone la consueta formula:
x = x1 or x2 or ... or xn
I(x) = I(x1) and I(x2) and ... and I(xn) and {I(k)}
Supponiamo invece che la parte estranea/complessiva I(k) non sia un oggetto spaziale. In tal caso dovremmo scriverla a sua volta senza parte estranea/complessiva, cioè:
k = k1 or k2 or ... or kn
I(k) = I(k1) and I(k2) and ... and I(kn)
Ma allora I(x) dovrebbe essere riscritto come di seguito:
x = x1 or x2 or ... or xn or k1 or k2 or ... or kn
I(x) = I(x1) and I(x2) and ... and I(xn) and I(k1) and I(k2) and ... and I(kn)
Quindi anche I(x) sarebbe senza parte estranea/complessiva, contro l'ipotesi iniziale, perchè tutti gli elementi in congiunzione corrisponderebbero a quelli in disgiunzione. E' necessario quindi, che se I(x) è un oggetto spaziale, lo sia anche la sua parte estranea/complessiva {I(k)}, la quale, essendo spaziale a sua volta, conterrà un'altra parte estranea/complessiva, e così via, per cui un oggetto spaziale è divisibile all'infinito in altri oggetti spaziali.
c) Le coniche sono oggetti spaziali.
Certo che lo sono, i greci le studiavano espressamente, ma è possibile dimostrarlo ? Di sicuro. Una conica I(p) può essere scritta come di seguito:
p = p1 or p2 or ... or pn
I(p) = I(p1) and I(p2) and ... and I(pn) and {I(k)}
Dove pj sono i suoi punti generici ed {I(k)} è la parte estranea/complessiva che, a seconda dei casi, vorrà dire "equidistanza dei punti pj dal centro", oppure "equivalenza della somma delle distanze dei punti pj dai fuochi", oppure "equidistanza dei punti pj dal fuoco e da una retta", eccetera, a seconda che si tratti di cerchi, ellissi, parabole o qualsiasi altra figura. In altre parole {I(k)} è il luogo dei punti. Si noti che il luogo dei punti va aggiunto necessariamente in AND, perchè non può essere implicato in alcun modo leggendo l'espressione "I(p1) and I(p2) and ... and I(pn)". Da cui ne risulta che la struttura delle coniche è quella di tutti gli oggetti spaziali.
Facciamo ora un salto di secoli, passando dalle coniche degli antichi greci al metodo moderno della geometria analitica. Ebbene, nella prossima dimostrazione, vedremo che la formula dell'estensione nello spazio continua a centrare il bersaglio.
d) I punti del piano cartesiano sono oggetti spaziali.
Un punto P(x,y) del piano cartesiano può essere riscritto come l'oggetto I(r) che segue:
r = x or y
I(r) = I(x) and I(y) and {I(k)}
Dove x ed y sono due numeri reali, r è il numero reale generico ed {I(k)} vuol dire "i due numeri sono coordinate". Si noti che il fatto che i due numeri sono coordinate va necessariamente aggiunto in AND, perchè non può essere implicato in alcun modo osservando due numeri x ed y. Pertanto la struttura del punto I(r) nel piano cartesiano è quella di un oggetto spaziale.
e) Un insieme I(n) di numeri primi tra loro {3, 5, 11} non è un oggetto spaziale.
Scriviamolo come di seguito:
n = 3 or 5 or 11
I(n) = (I(3) and I(5) and I(11)) --> I(k)
dove I(k) vuol dire "i numeri sono primi tra loro".
Come potete notare, la struttura logica non è quella di un oggetto spaziale. Infatti l'elemento I(k) non viene aggiunto tramite congiunzione AND, ma tramite implicazione -->, pertanto è complessivo, ma non estraneo. Questo perchè osservando l'insieme (I(3) and I(5) and I(11)) si deduce già da esso, analizzandolo, che è un insieme di numeri primi tra loro, senza metterlo in congiunzione con una parte estranea.
n = 3 or 5 or 11
I(n) = (I(3) and I(5) and I(11)) --> I(k)
dove I(k) vuol dire "i numeri sono primi tra loro".
Come potete notare, la struttura logica non è quella di un oggetto spaziale. Infatti l'elemento I(k) non viene aggiunto tramite congiunzione AND, ma tramite implicazione -->, pertanto è complessivo, ma non estraneo. Questo perchè osservando l'insieme (I(3) and I(5) and I(11)) si deduce già da esso, analizzandolo, che è un insieme di numeri primi tra loro, senza metterlo in congiunzione con una parte estranea.
f) Dimostrazione della formula dell'Estensione nello Spazio.
Questo passo si propone di dimostrare la formula stessa dell'Estensione nello Spazio, cioè il fatto che un oggetto spaziale I(x) può essere scritto come:
x = x1 or x2 or ... or xn
I(x) = I(x1) and I(x2) and ... and I(xn) and {I(k)}
Si tratta pertanto di un meta-teorema. A tal fine, definiamo prima lo spazio come ciò che deve essere capito necessariamente tramite percezione, e non solo tramite l'analisi di una formula. Quindi se l'insieme I(x) corrisponde ad un oggetto spaziale, sarà necessario scriverlo come segue:
x = x1 or x2 or ... or xn
I(x) = I(x1) and I(x2) and ... and I(xn) and {percezione}
Dove la percezione eccede gli elementi dell'insieme che corrispondono a quelli disgiunti. Supponiamo che la percezione sia a sua volta un oggetto I(y). In tal caso potremmo riscrivere l'oggetto spaziale I(x) come di seguito:
x = x1 or x2 or ... or xn or y1 or y2 or ... or yn
I(x) = I(x1) and I(x2) and ... and I(xn) and I(y1) and I(y2) and ... and I(yn)
dove gli elementi x ed y possono corrispondere a qualsiasi formula di qualsivoglia complessità. A questo punto però l'oggetto spaziale I(x) sarebbe comprensibile leggendone la formula, per quanto complessa essa sia, senza alcuna percezione, contrariamente all'ipotesi iniziale. E' necessario quindi aggiungere nuovamente l'elemento {percezione}, di conseguenza l'oggetto spaziale dovrà sempre contenere un elemento che eccede rispetto a quelli disgiunti, e questo elemento sarà chiamato "parte estranea/complessiva {I(k)}".
La teoria dell'Estensione nello Spazio non è tutta rose e fiori.
Alcuni esempi sono controversi e problematici.
Di seguito ne elenchiamo alcuni.
Alcuni esempi sono controversi e problematici.
Di seguito ne elenchiamo alcuni.
1) Risulta che un insieme ordinato, sia di lettere che di numeri, è un oggetto spaziale. Vedi l'espressione seguente:
n = 1 or 2 or 3
I(n) = I(1) and I(2) and I(3) and {I(k)}
dove {I(k)} vuol dire "ordine crescente/decrescente dei numeri". Se volessimo imporre l'ordine crescente/decrescente dovremmo necessariamente inserirlo in AND, perchè l'insieme generico (I(1) and I(2) and I(3)) non implica che i numeri siano in ordine crescente/decrescente. Siamo d'accordo sulla spazialità, se pensiamo che i numeri in ordine crescente/decrescente possono essere disposti su linee, termometri, e che quindi significano un criterio di basso verso l'alto, oppure sinistra verso destra. Però, questo vuol dire che qualsiasi insieme ordinato, anche i tre numeri interi presi in esempio, è un oggetto infinito. Ne riparleremo quando affronteremo specificamente l'Ipotesi dei Continuo.
2) Risulta che un oggetto può essere al tempo stesso spaziale o non spaziale, secondo i punti di vista. Riprendiamo l'esempio del punto P(x,y) sul piano cartesiano e riscriviamolo come di seguito:
coordinata = coordinata "x" or coordinata "y"
Punto = I(coordinata) = I(coordinata "x") and I(coordinata "y")
Se pensiamo al punto come insieme di coordinate, invece che di numeri reali, non c'è più bisogno di aggiungere una parte estranea/complessiva. Siamo d'accordo, se consideriamo la percezione spaziale come mentalismo. Qualsiasi oggetto può essere astratto o concreto, a seconda del contesto in cui lo colloca il nostro pensiero. Una pietra è concreta, ma posso riferirmi alla pietra in senso astratto. Il "bene" sembra astratto, ma posso trasporlo in figure concrete. Similmente lo spazio può essere dematerializzato dal pensiero.
3) Risulta che i simboli sono oggetti spaziali:
simbolo = x or y
I(simbolo) = I(x) and I(y) and {I(k)}
dove {I(k)} può vuol dire "x e y sono numeri pari".
Osservando due simboli qualsiasi x ed y non ci sarebbe alcun modo per dedurre che si riferiscono a numeri pari, o a qualsiasi altra cosa, a meno che noi lo aggiungessimo in AND come parte estranea/complessiva. Anche su questo siamo d'accordo, se pensiamo che i simboli, di per sè, spogliati del loro significato, sono figure. Quindi il nostro cervello aggiunge un significato ad una combinazione di figure spaziali. Il problema viene raggirato pensando già x ed y come numeri pari, invece che simboli:
p = x or y
I(p) = I(x) and I(y)
In quest'ultimo caso p è il numero pari generico e I(p) è l'insieme di due numeri pari, che non è più un oggetto spaziale e non ha più la parte estranea/complessiva.
In questo topic abbiamo riassunto alcune potenzialità teoriche della formula dell'estensione nello spazio. In un prossimo topic ne ipotizzeremo le applicazioni pratiche. Le prime che mi vengono in mente riguardano l'Intelligenza Artificiale, la Fisica delle Particelle e i Circuiti Elettronici.
Alla prossima !